Si rendono utili e aiutano gli altri

Non c’è due senza tre… Ecco anche oggi il nostro appuntamento con la (ri)scoperta della legge scout, oggi tocca al terzo articolo: “si rendono utili e aiutano gli altri”, andiamo a scoprire come e dove rendersi utili e chi sono questi “altri”.

utili 1“Vi terrete sempre pronti, in spirito e corpo, per compiere il vostro dovere; uno scout deve impegnarsi per fare almeno una buona azione ogni giorno.” (B.P.)

Questo articolo nasconde tantissime sfaccettature, poiché nella versione originale scritta dal nostro fondatore dice cosi: “A Scout’s duty is to be useful and to help others”, che tradotto suonerebbe più o meno come: “Il dovere di uno Scout è di rendersi utile ed aiutare gli altri”. Leggendolo cosi c’è un termine che subito risalta agli occhi è che non avevamo mai sentito (perché non presente nella formulazione AGESCI), ovvero DOVERE (DUTY), questo termine però in inglese sta ad indicare sia un dovere che un compito, un incarico. Si potrebbe dire che qui duty indica un incarico che vogliamo assegnare a noi stessi e che perciò diventa un dovere liberalmente scelto. C’è quindi una valenza etica nel “dovere” di rendersi utili, perché tale dovere non è imposto dall’esterno ma scelto volontariamente. E il dovere dello Scout, o della Guida, non è di “essere d’aiuto”, che in inglese sarebbe helpful, da help, contenuto nella seconda parte dell’articolo, ma è di essere useful, termine che ha una valenza più concreta, quasi materiale… come un utensile, come un…martello…

Non è nello stile della legge scout usare parole ‘grosse’ e fare discorsi generali e strutturali. Per questo proprio in questo articolo si mette in risalto il SERVIZIO. Ed ecco la famosa domanda: “dove ci possiamo rendere utili?”, la risposta risulta abbastanza semplice e scontata, ovunque una persona si trovi, che sia a casa,a utiliscuola o al lavoro, è sempre possibile rendersi utili; appunto come dice l’articolo “in ogni circostanza”. Per sentirsi utili non occorre sognare il servizio in Africa ove sarebbe possibile realizzare la propria vocazione missionaria, basta molto di meno, basta aprire gli occhi alla vita quotidiana. Ed ecco la seconda domanda: “chi aiutare?chi sono gli altri?”, anche qui la risposta è diretta: “TUTTI”; chi ne ha bisogno e lo chiede, chi ne ha bisogno e cerca di nasconderlo, chi non sa di averne bisogno. Rendersi utili è anche capire e riconoscere chi può aver necessità del mio aiuto, avere l’occhio di notare le difficoltà degli altri, piccole o grandi che siano. Come aiutare questi “altri”? Con l’amore, con le nostre capacità e i nostri limiti; l’importante è farlo con semplicità e discrezione, senza mai la presunzione di compiere gesti eroici e virtuosi ma con la serena consapevolezza di fare il proprio dovere, perché il Signore stesso ci dice queste parole: “Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.”[MT 6, 1-4]

Il termine “GLI ALTRI” lo possiamo intendere con “IL PROSSIMO”, molto più facile ricollegare questo termine al Vangelo, direttamente a Gesù, che ci invita ad amare il prossimo come noi stessi, in quello che viene definito il secondo comandamento dell’amore: Rispondendo alla domanda rivoltagli sul primo dei comandamenti, Gesù disse: «Il primo è: ‘Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza’. E il secondo è questo: ‘Amerai il Prossimo tuo come te stesso’. Non c’è altro comandamento più importante di questo»”[Mc 12, 29-31]. Essere sempre pronti a servire il Prossimo è in definitiva una chiamata ad una responsabilità che non si inventa lì per lì: significa pensarci per tempo, quando ci è possibile acquisire le competenze e la preparazione anche fisica necessarie (pensate all’ultimo messaggio di B.-P. agli Scout: “Un passo verso la felicità lo farete conquistandovi salute e robustezza finché siete ragazzi, per poter essere utili e godere la vita pienamente una volta fatti uomini”) e significa non perdere mai di vista l’ambiente circostante; un Assistente scout lombardo molti anni fa amava tradurre il motto “Estote Parati” in milanese con “fa’ balà l’öcc”, che significa più o meno: fai girare lo sguardo, tieni d’occhio ciò che ti sta intorno, a dimostrazione del fatto che premessa indispensabile per rendersi utili è quella di riuscire a vedere le situazioni attorno a noi che richiedono il nostro intervento: nella realtà in cui viviamo, lavoriamo, studiamo, operiamo. Il nostro prossimo non ce lo scegliamo, ma ce lo troviamo li, vicino, di fronte. Può essere un famigliare che ha bisogno di cure, ma può essere anche un immigrato clandestino, un compagno di classe antipatico, un collega arrivista: non è scritto da nessuna parte che possiamo fare una cernita tra chi merita il nostro aiuto e chi no. Prima ancora che la Legge scout… ce lo ricorda il Vangelo.

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Buona parte delle riflessioni sono tratte dal libro “chiacchierate sulla legge scout” di Andrea Padoin e P.Francesco Maria Polotto O.S.M.

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