Sanno obbedire

“Sanno obbedire”, questo è quello che recita il settimo articolo della legge scout… Parole difficili da capire su due piedi, ma insieme come fatto fino ad oggi scopriremo il loro significato.

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“CHI NON HA MAI SBAGLIATO NON HA MAI FATTO NULLA…”, l’obbedienza è una virtù,la quale è un esercizio di libertà; l’uomo creato libero, ha la facoltà di scegliere la strada da seguire. Ogni strada pone delle regole, perché la nostra libertà sia reale è necessario obbedire a queste regole.

L’articolo originale, nella formulazione di B.P., suonava: “A Scout obeys orders of his parents, patrol leader or Scoutmaster without question”, cioè, letteralmente: “Lo Scout ubbidisce agli ordini dei suoi genitori, del Capo Pattuglia o del suo Capo senza replicare”. La specificazione dei destinatari dell’obbedienza, ben precisi e circoscritti, serviva in un certo senso a definire il “raggio d’azione” dell’articolo, che comprendeva naturalmente i genitori, i Capi squadriglia e i Capi Riparto, ma che lasciava fuori ogni altro possibile attore. L’aver eliminato la seconda parte dell’articolo, e con essa i destinatari specifici a cui esso si riferisce, rende più delicata l’interpretazione di cosa si possa intendere con quel secco “sanno obbedire”. L’FSE ripropone l’articolo con “…obbedisce prontamente…”; Tra “l’ubbidire prontamente” ed il “saper obbedire” sembra esserci di mezzo come minimo tutta la riflessione fatta da Don Lorenzo Milani con il suo celebre “L’obbedienza non è più una virtù”; ma la differenza è solo apparente, perché se ben intendiamo il significato delle parole, “ubbidire prontamente” non è affatto un “ubbidire ciecamente” e non è certo un “essere sottomessi”. Lo Scout e la Guida non ubbidiscono ciecamente, ma prontamente. Cioè rispondono con prontezza, solerzia e tempismo a ciò che viene chiesto loro. Ma al tempo stesso, non smettono di pensare, non smettono di operare alla luce della Legge e della Promessa, ed ancor più dei Comandamenti, e quindi non sono “costretti” ad un’ubbidienza che non condividano, che contrasti con la loro coerenza. Non si sottomettono: la loro è una libera accettazione di ciò che viene loro chiesto. L’ubbidienza, come atto volontario di conformare le proprie azioni al volere di qualcun altro, è essa stessa un atto di servizio, se vista non dall’ottica di chi l’ordine lo impartisce ma dal punto di vista di chi sceglie autonomamente e volontariamente di osservarlo. Ubbidire significa riconoscere che qualcun altro abbia la vista più lunga della nostra, significa fidarci e pensare che ciò che mi viene chiesto da questa persona ha un senso, anche se io non lo comprendo nell’immediato. C’è un racconto, citato da Don Romano Nicolini, Assistente scout, che colora con tratti vivaci l’obbedienza alla quale siamo chiamati come Scout e Guide:

“Su un’isola densamente abitata, la gente aveva scavato sulla collina dei terrazzi per coltivare il riso. Tutti facevano i pescatori ma dovevano vivere anche con l’agricoltura. Un giorno il piccolo Ken andò sulla collina con il nonno per lavorare la terra. Il riso era molto secco ed ormai pronto per il raccolto. Ad un tratto il nonno si corrucciò:guardando il mare vide qualcosa che solo da lì si poteva vedere. Dopo qualche istante di esitazione il nonno gridò a Ken: «Presto, prendi la fiaccola e vieni dietro a me». Il vecchio si mise a correre dentro i campi di riso e li incendiava tutti. Il piccolo Ken gli andava dietro con la sua fiaccola piangendo pensando che il nonno fosse impazzito. Vedendo le fiamme distruggere il raccolto, tutto il villaggio si precipitò sulla collina. Giunti lassù cominciarono a gridare imprecazioni contro il nonno. Ma il vecchio non si mosse: con la mano indicò la spiaggia: una immensa onda anomala si era abbattuta sul villaggio spazzando via tutto. Le case erano distrutte ma la gente era salva: solo correndo verso la collina si erano potuti salvare.”
 

Ubbidire significa affidarsi, e fidarsi. Cosìfacendo, riconosciamo l’autorevolezza dell’altro. Nel momento in cuiobbedire ciò non avvenisse, la nostra diventerebbe sottomissione, e avremmo tutto il diritto di ritirarci, di non accettare l’imposizione, di sancire la nostra libertà di non lasciarci soverchiare. Va notato a questo punto che il termine obbedire viene dal latino “ob audire”, cioè “disporsi a sentire”, mettersi nella condizione di ascoltare qualcuno. Ecco allora che il termine in sé non è necessariamente legato all’imposizione di un ordine, ma anzi è più immediatamente riconducibile alla disposizione all’ascolto. Obbedire allora significa proprio tutto il contrario di sottomettersi: significa ascoltare, cioè significa disporsi ad accettare i consigli di chi sappiamo poterci guidare; per B.P. queste persone erano innanzitutto i genitori, il Capo squadriglia ed il Capo Riparto. Aggiungo una sottigliezza, tuttavia fondamentale. Credo sia necessario nella vita decidere “a priori” a chi obbedire, per non correre il rischio di prendere qua e là solo ciò che ci è più comodo o più conveniente nell’immediato. Ecco perché una riflessione sull’obbedienza rimane sempre attuale, ed è utile nel cammino personale di ciascuno. Volete un esempio? Se Dio è autorevole e va “ubbidito” quando ci invita a non uccidere, perché non lo è più quando ci invita ad altri comportamenti che riteniamo scomodi o fastidiosi, o peggio ancora “antiquati”, legati magari alla morale? (Andrea Padoin)

Come abbiamo detto il significato di obbedire che deriva dal latino “ob audire”, è ascoltare con l’udito e con il cuore per comprendere ciò che viene richiesto. Con l’udito si ascolta una parola a cui obbedire, è un appello che fa reagire l’intelligenza della persona, e con il cuore in quanto viene coinvolta la sfera affettiva perché colui o colei che chiede di obbedire è un genitore, un Capo, uno che mi vuole bene. È come quando si inizia un gioco. Immaginiamo di trovarci in un grande prato; è mattino e i Capi stanno spiegando il gioco che sta per iniziare: se sto attento, se imparo il modo giusto di eseguire il gioco, se ascolto attentamente ogni parola per mettere in pratica le regole del gioco, allora quasi sicuramente vincerà la mia squadriglia. È questione di intelligenza e di cuore. Obbedire è un gesto di intelligenza e di volontà personale per costruire la propria vita con libertà. Perché obbedire? Un Capo parla e la Guida o lo Scout deve ubbidire? V’è una ragione per cui obbedire? Una ragione io la conosco: anch’io ho obbedito e ora mi trovo bene, quindi ti trasmetto quanto di bene ho imparato! Mi sono costruito la vita partendo proprio dalle piccole obbedienze della scuola e della famiglia, del gruppo e degli amici, e quindi è per il tuo bene che ti dico di obbedire, per il tuo bene presente (eviti sgridate e castighi!), ma soprattutto per il tuo futuro, perché mentre obbedisci, costruisci in modo solido la tua personalità. Non altri danno forma alla tua vita, ma tu che da adolescente cerchi di sganciarti dai tuoi genitori per camminare da solo, e da chi ti comanda per fare “quello che vuoi tu”: se sei intelligente e ragioni, come vuoi far credere, il “fare quello che vuoi” rientra nel compito di costruirti la vita. Come vuoi la tua vita da adulto? Dai! Costruiscila da ora, riflettendo e senza paura! Io obbedisco perché riconosco, anche se mi pesa, che quanto mi viene chiesto è per il mio bene. In fondo l’obbedienza è per il bene. Capire cosa sia il bene esige maturità, ponderatezza, capacità di sacrificarsi per raggiungere l’obiettivo che a lungo ho pensato, costruito nella mia mente e nel mio cuore dialogando con quanti mi vogliono bene e con gli amici, ed ora con sacrificio lentamente lo sto realizzando. Voglio diventare grande, padrone di me stesso, amico di Dio e amico della gente e tutto ciò dilata la mia vita fino a farmi volare felice. Voglio realizzare il progetto per cui vado a scuola e mi impegno; sogno anche una persona che, più che amica, quando sarò abbastanza maturo, unirà la sua vita con la mia, e voleremo insieme per il mondo, e sogneremo sogni da realizzare insieme, e la mia vita prederà forma “secondo l’immagine di Dio” che mi ama. Non obbedire è segno di arroganza e presunzione di chi sa già tutto; è segno di immaturità e infantilismo. È volersi mettere al posto dei genitori, dei quali si mormora, magari di nascosto, o dei Capi che vengono insultati, e anche di Dio con il quale si ha un rapporto di sfida, e si bestemmia per dire che non si ha paura di nessuno, ma sono proprio questi gli atteggiamenti che manifestano le paure, le incertezze, le insicurezze, l’immaturità con la presunzione di non avere bisogno di nessuno. È il bullo arrogante del quale
non si vuole essere amici, e che fa pena. Nella Bibbia ascoltare equivale ad obbedire: nel libro del Deuteronomio al capitolo 6 si può leggere bene. Obbedire diventa testimonianza del dono di Dio per se stessi, per la vita dei figli e quella dei nipoti e godere di una lunga vita felice e avere una grande discendenza. La disobbedienza, che è idolatria perché si rifiuta Dio sommo bene, viene alimentata dal male, fonte di disordine che conduce alla morte. Il male paga con male, il bene anche quando la vita può essere tormentata da malattie, fa nascere sempre bene: semina bene e raccoglierai bene, dal bene si ricava solo bene! Il Vangelo di Luca (6, 43-44) paragona gli uomini agli alberi, e fa osservare come dall’albero buono si raccolgano frutti buoni mentre dall’albero cattivo, dai rovi e spine, non si raccolgono che frutti cattivi. È un invito all’intelligenza della persona. L’obbedienza che apre alla fede fa l’uomo e la donna felici sulla terra: la fede è amore verso Dio; amare Dio vuol dire mettere in pratica le sue parole, le sue leggi e i suoi decreti che non sono mai una imposizione, ma sempre una proposta per vivere felici e portare frutti buoni nella vita. Obbedienza e fede si richiamano vicendevolmente e insieme sono la base per costruire la propria vita. (Padre Francesco M. Polotto, O.S.M.)

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Buona parte delle riflessioni sono tratte dal libro “chiacchierate sulla legge scout” di Andrea Padoin e P.Francesco Maria Polotto O.S.M.

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