Sorridono e cantano anche nelle difficoltà

Anche oggi eccoci con la (ri)scoperta della legge; “sorridono e cantano anche nelle difficoltà”  è l’articolo che oggi tratteremo; siamo quasi giunti al termine di questo percorso…

Sorridono 2

“UN SORRISO FA FARE IL DOPPIO DI STRADA DI UN BRONTOLIO” (B.P.)

MANCANZA DI ALLEGRIA SIGNIFICA MANCANZA DI SALUTE. RIDETE PIU’ CHE POTETE, PERCHE’ QUESTO VI FARA’ BENE: QUINDI, OGNI VOLTA CHE AVRETE OCCASIONE DI FARVI UNA BUONA RISATA,FATEVELA.”

Diciamola tutta… l’archetipo dello scout sorridente ci ricorda un po’ la definizione di George Bernard Shaw (caro amico di B.P.): “gli Scouts sono bambini vestiti da cretini accompagnati da cretini vestiti da bambini”. … Ce li vediamo ad accompagnare la vecchietta dall’altro lato della strada, salvo poi scoprire che la povera donna non aveva intenzione di attraversare, e ce li figuriamo con un masochistico sorriso stampato sulla faccia mentre camminano in salita, sotto un acquazzone, in montagna, con un poncho che non basta mai a coprirli del tutto. Ben inteso, le donne non si sentano escluse, l’archetipo non cambia col genere. B.P., riconosciuto universalmente come dotato di grande senso dell’umorismo, e del tipo inglese per giunta, avrà voluto con questo articolo della Legge stemperare un po’ il tono epico e piuttosto impegnativo del decalogo; addirittura la versione inglese suona come: “A Scout smiles and whistles under all difficulties”, cioè letteralmente: “Uno Scout sorride e fischietta in tutte le difficoltà”… dove il termine fischiettare ci fa esso stesso sorridere, e va considerato con la giusta ironia. L’accostamento delle due azioni distinte, del sorridere e del cantare, è tipico di B.P. e di quanto egli ripete di continuo: lo Scout non si deve limitare ad essere buono ma deve anche prodigarsi per migliorare la situazione attorno a sé: ecco allora che l’invito non è solo quello a sorridere, e cioè a dimostrare un’attitudine positiva, ma anche quello a fischiettare, o a cantare, cioè a diffondere l’allegria o la serenità a chi c’è intorno. E se questa attitudine diviene consuetudine di vita, possiamo star certi che uno Scout o una Guida si riconoscono presto in un gruppo di persone: il sorriso è contagioso, la capacità di affrontare serenamente una difficoltà può far scuola, e questo “talento” lo si può spendere con facilità nel mondo del lavoro, a scuola, in Unità… in famiglia. Sarà capitato a molti di venire in contatto con un ambiente in cui anche una sola persona “negativa” semini discordia e nervosismo. Sorridere e cantare, cioè star sereni e diffondere serenità, può essere allora una delle caratteristiche peculiari dello Scout o della Guida, non banale, non scontata, ma anzi delicata e impegnativa, benché a prima vista risibile. Ma cosa significa affrontare le difficoltà con questo atteggiamento, cosa vuol dire leggere la propria vicenda umana con atteggiamento positivo e propositivo? Affrontare le difficoltà con un bel sorriso stampato sulle labbra significa innanzitutto acquisire la consapevolezza che qualsiasi difficoltà, per quanto impegnativa, può essere accolta e affrontata, senza che ne veniamo travolti. Può accadere, e spesso accade, che le difficoltà siano insormontabili, che la sofferenza sia irrisolvibile: non ho scritto che ogni difficoltà può essere vinta, ma che deve essere vista con la giusta prospettiva. Don Firmino Bianchin nel libro “Pregare la Legge” semplicemente scrive:

“Non si tratta di fare i superficiali e gli alienati dai problemi per cui, mentre gli altri faticano e soffrono, lo scout sorride e canta. Sarebbe un gioco di cattivo gusto. Si tratta piuttosto di vivere l’esperienza della difficoltà e della fatica in modo nuovo, come persone che sanno dare senso e speranza anche a queste esperienze buie della vita. La difficoltà per alcuni è un ostacolo, un qualcosa di negativo che si frappone lungo il sentiero umano. Per altri, gli uomini liberi e capaci di avventure, è un passaggio che matura la conquista di gioie più grandi.”

Sorridono 1Sorridere è la caratteristica di chi esercita la Virtù della Speranza, di chi crede che il nostro essere qui e ora sia per una volontà superiore, di chi crede fermamente che nella vita “non si arriva se non per ripartire”, nella bella frase di Don Giorgio Basadonna. Questa consapevolezza, questa ineluttabilità, può portarci alla disperazione se tentiamo – appunto: disperatamente – di aggrapparci alla nostra dimensione umana e di volerla soggiogare alla nostra volontà. Ma allo stesso tempo può portarci alla vera Felicità se ci affidiamo alla Speranza, se guardiamo al cielo oltre che alla terra, se rispondiamo al dono della vita con la serenità dei Figli di un Padre che comunque ci ama. (Andrea Padoin)

Tutti sanno che una persona con il cuore sereno e pacificato con se stesso e con gli altri, manifesta calma e serenità nel suo lavoro e se le attività lo consentono, si permette anche di canticchiare in modo sommesso; se è un ragazzo che si sente amato, stimato, aiutato nel suo crescere, contento della sua vita e della sua famiglia, lo zufolare e il canticchiare, magari seguendo una canzone con gli auricolari, diventa un modo normale per manifestare il suo stato d’animo. B.P. ha inserito questo articolo nella Legge scout, secondo me, per mandare un messaggio ai genitori, ai Capi e ai formatori dei ragazzi: per avere un ragazzo contento e aperto alla crescita armonica con se stesso e con gli altri, è necessario che sia amato e apprezzato nel suo cammino di uomo o di donna, e la sua crescita deve avvenire in un ambiente permeato di amore familiare, di chiarezza e fermezza di messaggi dai genitori ed educatori e di lealtà, anche quando riceve rimproveri o castighi. Gesù, pur essendo Dio come il Padre, ha voluto essere in tutto uomo come noi e da ragazzo è vissuto in una famiglia con i genitori terreni Maria e Giuseppe, imparando le relazioni umane dai suoi cari, osservando i principii e i valori della sua religione, e imparando un mestiere che, come di norma, era quello paterno. Gesù è diventato “figlio del comandamento” e quindi con tutta naturalezza, come succede agli adolescenti, si prende i suoi spazi di libertà.

Nel testo di Luca 2, 41-50, possiamo leggere le parole di Maria e Giuseppe che fanno a gesù: “figlio, perché ci hai fatto questo?” È un rimprovero… Quanto amore in quel rimprovero: il cuore dei genitori scoppia per lo smarrimento del figlio, lo cercano attentamente tra i conoscenti della carovana, ovunque, fino a decidere di ritornare indietro, a Gerusalemme. Quali saranno stati i pensieri di Maria e Giuseppe durante quelle ore di angoscia? Tre giorni terribili! Giungono al tempio e lo trovano mentre interroga i maestri della Legge, i sapienti della Torah, per saperne sempre più, come conviene a un adolescente assetato di conoscere, desideroso di verità, aperto verso il futuro progetto della sua vita. Pone domande, ma risponde anche a quelle che i maestri gli pongono, e tutti sono stupiti per l’intelligenza e per le sue risposte. All’incontro, si svolge con i genitori un dialogo serrato e teso: “Perché ci hai fatto questo?” dice sua madre al colmo dell’angoscia. La disarmante risposta del ragazzo “Perché mi cercavate?”: ha già chiara coscienza di sé, sembra che abbia ntuito, forse anche grazie al dialogo con i maestri del Tempio, quale sarà il suo futuro cammino. Gesù è un ragazzo che ha in mente un grande progetto, un sogno da realizzare, ed è un ragazzo felice, e canta la vita. In Gesù adolescente possiamo vedere tutte le motivazioni per cui un ragazzo può e deve crescere felice: fischia e canta la gioia della vita che sente fluire nel suo corpo che si allunga e irrobustisce, comprende sempre meglio il progetto che sta ancora sognando, ma già ne segue il lento snodarsi e realizzarsi giorno dopo giorno della vita. È un ragazzo felice e sereno, come Gesù, convinto del cammino perché sta realizzando il “suo progetto”, cioè la propria vocazionechiamata, in comunione con Dio Padre, nella sua famiglia, con gli amici e nel posto dove trascorre la sua vita. (Padre Francesco M. Polotto, O.S.M.)

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Buona parte delle riflessioni sono tratte dal libro “chiacchierate sulla legge scout” di Andrea Padoin e P.Francesco Maria Polotto O.S.M.

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